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Furto nel Cristallo
di Valentina Coreggioli

 

  "Non posso crederci" esclamò Eva.

  Stava leggendo il giornale sulla terrazza di una villetta sul mare. La vista era splendida, il sole era alto e splendente.
  Diabolik alzò incuriosito gli occhi dalla rivista che stava sfogliando: "Cos'hai trovato?" chiese, chiudendo la rivista e riponendola sul tavolino, di fianco al bicchiere mezzo pieno di limonata. Eva gli porse il giornale. Diabolik lo lesse e si rabbuiò: "Preparati, partiamo per Ghenf oggi stesso!" disse alzandosi di scatto e dirigendosi verso il salone. La foto sulla pagina era inequivocabile, mostrava il Diamante Rosa che un tempo era appartenuto ad Eva e che fu la causa del loro primo incontro.

  L'esposizione dei gioielli sequestrati anni prima alla malavita di Johannesburg era l'evento dell'anno, ma stranamente non era Ginko ad occuparsene. La mostra era stata organizzata da una società di estrazione diamantifera, allo scopo di incentivare la vendita dei diamanti.

  La prima tappa sarebbe stata a Ghenf, in un palazzo di proprietà del consolato sudafricano.

  A sorvegliare la mostra sarebbero stati gli stessi servizi di sicurezza sudafricani. Hobson, il capo della sicurezza, era un criminologo piuttosto noto. Forse è più corretto dire che era "tristemente famoso": grazie al suo ingegno la polizia aveva conseguito molti successi nella lotta contro la criminalità, non ultimo il sequestro dei gioielli, ma il suo passato era tutt'altro che limpido, si mormorava di torture, ricatti, "lavori sporchi" per il precedente governo razzista. Era anche l'unico bianco della delegazione sudafricana al seguito della mostra.

  Diabolik ed Eva arrivarono a Ghenf la sera stessa.

  Il giorno dopo arrivò in città anche la delegazione sudafricana e prese alloggio in un lussuoso albergo nei pressi del palazzo dove si sarebbe svolta la mostra. Con un potente binocolo Diabolik osservava la scena da un palazzo adiacente e, mentre posizionava la microcamera con microfono che gli avrebbe trasmesso tutto ciò che sarebbe accaduto negli appartamenti riservati alla delegazione, rifletteva sulla storia del diamante.

  Certo, avevano puntato proprio su quel pezzo per essere certi di avere una grande affluenza di pubblico alla mostra. Ma altrettanto sicuramente avevano anche messo in conto che lui avrebbe cercato d'impadronirsene e il fatto che a dirigere le operazioni ci fosse un criminologo non gli piaceva affatto. Però la sfida era troppo interessante.

  Quando Diabolik rientrò alla loro base, Eva lo accolse con un'aria preoccupata: "Sono sempre più convinta che sia una trappola, caro. La mostra non doveva arrivare a Ghenf prima di altri tre mesi, e finora non si sapeva che il diamante rosa fosse tra i gioielli recuperati. E poi tu non conosci Hobson. Io ci ho avuto a che fare prima di conoscerti, e ti assicuro che è un uomo pericoloso. Non esita a usare anche gli stratagemmi più infami per ottenere ciò che vuole. Lasciamo perdere, ti prego".

  "Non vedo perché dovrei rinunciare, dopotutto eravamo già quasi pronti, dovremo solo anticipare l'operazione e rinunciare a qualche pezzo. Non temere Eva, faremo solo un colpo meno ricco del previsto" le rispose Diabolik. E sorrise.

  Il giorno dopo iniziarono i lavori nel palazzo dell'esposizione. Nel giro di due settimane tutti i nuovi sistemi di sicurezza erano operativi. Mancavano solo i gioielli.

  L'aereo da Johannesburg arrivò in perfetto orario all'aeroporto di Ghenf, dove lo attendevano otto ceffi con giubbetto antiproiettile e pistole in pugno. Il furgone blindato con targa sudafricana scese dal portellone posteriore del cargo militare, gli otto ceffi salirono su due auto blindate e lo scortarono. Ginko sulla pista osservava il convoglio partire. "Pensate che Diabolik attaccherà il trasporto?" gli chiese il sergente. "E' possibile. Come è possibile che tenti il colpo al palazzo della mostra. Purtroppo è territorio sudafricano e non possiamo imporre la nostra presenza. Ma continuate a tenerlo sotto controllo, sono sicuro che Diabolik cercherà di impadronirsi dei gioielli." Detto questo l'Ispettore salì in macchina e lasciò l'aeroporto.

  Il riflesso del sole sulle lenti di un binocolo scintillò sulla collina che domina la costiera. Eva parlò nel radiorologio: "Ci siamo, stanno imboccando ora la strada costiera. Arriveranno in perfetto orario". "Bene Eva, io ho già finito di controllare tutto. I nostri congegni sono pronti".

  Eva accese il motore e scese dalla collina lungo la sterrata, dirigendosi verso il porto di Ghenf, mentre un giardiniere lasciava il palazzo dell'esposizione.

  "Avete visto, Ispettore?" chiese il sergente. "Si, sicuramente erano loro. Avvertite tutte le auto che Diabolik sta per entrare in azione!" "Il ministro di Giustizia vi aveva ordinato di non occuparvi di questa mostra, ma quando avrete finalmente catturato quel criminale non potrà che congratularsi" gongolò il sergente.

  Il convoglio con i gioielli percorse senza intoppi la costiera, passò vicino al porto e arrivò al palazzo dell'esposizione. Tutto sembrava essere andato liscio. Quando i cancelli si chiusero dietro l'auto di scorta, Ginko sospirò: "speravo che Diabolik attaccasse il furgone, adesso sarà molto più difficile prenderlo". Poi fece cenno al sergente di proseguire.

  All'interno del palazzo tutto era pronto per l'esposizione. Ogni teca era di cristallo infrangibile e, man mano che i gioielli venivano inseriti e le teche chiuse, un uomo armato di una minuscola fiamma ossidrica passava a fondere le serrature. Per aprirle nuovamente ci sarebbe voluto un mare di tempo, troppo per chiunque. O almeno così aveva sentenziato Hobson. Le teche erano così pesanti che un essere umano non sarebbe riuscito a trasportarle da solo. Inoltre i loro piedistalli erano di cristallo trasparente, per essere certi che nessuno potesse nascondersi dentro (un tocco di genio di cui Hobson andava particolarmente fiero). E, per finire, lastre d'acciaio erano pronte a chiudere ermeticamente porte e finestre al minimo allarme.

  La scelta di Ghenf come prima tappa non era casuale, infatti era stata proprio una vetreria di quella città a produrre i piedistalli trasparenti, su disegno dello stesso Hobson.

  L'indomani mattina una folla immensa si presentò ai cancelli dell'esposizione per vedere la mostra. Guardie armate fino ai denti e dall'aria tremendamente minacciosa sorvegliavano le sale.

  Aggirandosi per le sale dell'esposizione Ginko, entrato come un normale visitatore, osservava di sottecchi ogni persona. Non gli piaceva che non ci fosse il controllo del volto, ed era sempre più convinto che Diabolik avrebbe tentato il colpo.

  La prima giornata filò liscia, nessun intoppo. Alla chiusura dell'esposizione le sale vuote furono accuratamente ispezionate, senza che fosse trovato nulla d'insolito. Ma alle tre della notte ecco suonare l'allarme. Le guardie private armate fino ai denti, con corsetti antiproiettile e maschere antigas, passarono di stanza in stanza alzando di volta in volta le lastre d'acciaio che le sigillavano. Alle cinque finirono il giro senza trovare nulla.

  "Non è possibile, quel sistema d'allarme è troppo sofisticato per partire per errore, e nessuno può essere fuggito da quelle stanze, abbiamo usato i meccanismi più veloci esistenti. Nessuno può essere fuggito!" Urlò Hobson, picchiando i pugni sulla scrivania di mogano della sala di controllo. Indifferenti al suo sfogo, decine di monitor restituivano immagini di una folla variopinta, che sciamava ammirata da una vetrina all'altra. I piedistalli trasparenti formavano anche esteticamente un perfetto contorno ai gioielli.

  Un'altra giornata di esposizione passò tranquillamente, solo i supergorilla di guardia denunciavano un'aria un po' stanca.

  Anche quella notte l'allarme della mostra cominciò a suonare, sempre alla stessa ora, e anche quella notte le guardie fecero il giro di tutte le stanze, senza trovare nulla. L'incidente si ripeté anche le notti successive, sempre alla stessa ora, e di giorno in giorno la mancanza di sonno diventava sempre più evidente sui volti delle guardie. Hobson fece controllare più volte l'impianto d'allarme. Solo tre settimane dopo, a seguito dell'ennesima revisione del sistema, l'allarme non suonò.

  Finalmente arrivò l'ultimo giorno di esposizione, che trascorse liscio come tutti gli altri, senza alcun intoppo.

  Tutti ormai erano convinti che Diabolik avrebbe tentato il colpo durante il trasporto dei gioielli all'aeroporto.
  Davanti ad una tavola imbandita Hobson, parlando con il suo luogotenente, aveva l'aria sconsolata: "Ero convinto che Lady Kant avrebbe rivoluto il suo diamante. non avrebbero mai potuto sfuggirci, e la mia fama sarebbe salita alle stelle. Un vero peccato." "D'altro canto le misure di sicurezza erano eccezionali, sicuramente quel criminale ha capito che non avrebbe mai potuto farcela, ed ha rinunciato." "Si, nessuno avrebbe potuto rubare quei gioielli, neppure il famigerato Diabolik. Però che colpo sarebbe stato catturarlo e consegnarlo con la massima pubblicità alla ghigliottina, invece se tentasse il colpo durante il trasporto dovremo lasciare che la polizia locale si prenda parte del merito. Bah." E con un moto di stizza Hobson fece cenno al suo interlocutore di mettersi a tavola.

  Quella sera lo stesso uomo che aveva sigillato le teche iniziò ad aprire le serrature con la fiamma ossidrica. Ci vollero ore per aprirle e, quando il lavoro fu terminato, era già arrivata l'alba. Le cassette con i gioielli furono caricate sul furgone blindato, che partì scortato da quattro macchine, direzione aeroporto.

  Il convoglio incrociò sulla strada il camion dell'impresa incaricata di rimuovere i supporti in cristallo delle teche, per portarle fino al porto di Ghenf. Lì un cargo le avrebbe portate alla prossima destinazione della mostra.

  Dopo essere entrati nel cortile del palazzo, i camionisti calarono la sponda idraulica e il muletto iniziò a portare dentro le casse in cui dovevano essere riposte le basi di cristallo.

  Intanto l'aereo militare con a bordo il camion dei gioielli aveva appena decollato. Hobson si slacciò la cintura di sicurezza ed entrò nel retro del camion. Aprì una delle cassette e prese in mano il diamante rosa. Un istante dopo correva verso la cabina di pilotaggio. "Atterrate immediatamente!!!" urlò furibondo.

  La torre di controllo disse al cargo militare di attendere un pista libera, ma Hobson ordinò al suo pilota di atterrare immediatamente. L'aereo iniziò la manovra di atterraggio sulla pista da cui aveva decollato, ma si trovò di fronte un boing di linea che stava rullando proprio nello stesso punto. Il pilota sudafricano fu costretto a fare una brusca manovra per evitare lo scontro, Hobson cadde battendo la testa e svenne. La torre diede finalmente l'ok per l'atterraggio, e pochi minuti dopo Hobson veniva trasbordato su un'ambulanza, che partì subito di gran carriera per l'ospedale.

  Il suono delle sirene svegliò Hobson, che saltò giù dalla barella e tentò di scendere dal veicolo in corsa. Gli infermieri tentarono di bloccarlo, ma lui riuscì ad aprire comunque il portellone. Quando i suoi uomini, che lo seguivano a distanza con l'auto, lo videro, sorpassarono l'ambulanza bloccandola.

  Al palazzo dell'esposizione, ormai deserto, gli uomini dell'impresa di trasporto stavano dormendo profondamente, mentre Diabolik e Eva osservavano il risultato della loro attesa: una ad una la sommità delle basi si sollevavano leggermente ruotando su un perno centrale. E un martinetto interno sollevava la teca apparentemente ancora sigillata.

  "L'idea di far fare delle basi identiche a quelle della mostra da una serie di artigiani specializzati in trucchi per maghi ha funzionato. Peccato che abbiano anticipato la mostra e solo venti fossero pronte." Ammise Eva, mentre Diabolik con un banale martello faceva saltare le serrature delle teche, seguito dalla stessa Eva che raccoglieva i gioielli in un sacchetto di velluto.

  Hobson intanto smontava dall'ambulanza urlando come un ossesso: "I gioielli sono falsi! Dobbiamo tornare al palazzo, subito!".

  L'aereo che doveva riportare un seccatissimo Ispettore Ginko a Clerville era in ritardo. Quando l'agente fece letteralmente irruzione dentro la carlinga, Ginko lo guardò stupito. "Il cargo coi gioielli è tornato indietro" ansimò l'agente. "Come tornato indietro?!?" "Sì Ispettore, sulle prime pareva un'emergenza, hanno portato a terra il delegato svenuto. Ma appena l'hanno caricato sull'ambulanza si è svegliato e adesso si sta dirigendo verso il centro infrangendo tutti i limiti di velocità."

  Ginko schizzò dalla poltroncina e corse verso il parcheggio interno dell'aeroporto. L'agente rimase senza fiato nel tentativo di stargli dietro.

  L'auto della polizia partì a sirene spiegate verso Ghenf, mentre Ginko impartiva ordini via radio. Prima ancora che le auto diplomatiche arrivassero al palazzo dell'esposizione, le macchine della polizia l'avevano già circondato.

  Hobson arrivò al palazzo circondato dagli uomini di Ginko proprio mentre Eva raccoglieva l'ultima collana dalle teche aperte.

  Hobson entrò correndo all'interno del palazzo. Appena vide gli uomini della squadra di sgombero addormentati vicino al muletto abbandonato, mise la testa fuori dalla finestra urlando in direzione di Ginko: "Che aspettate ad entrare!?!". Ginko, che non aspettava altro, fece per entrare seguito dai suoi uomini, quando un agente vicino ad un angolo del palazzo urlò: "Diabolik sta fuggendo".

  Diabolik ed Eva erano già sulla loro Jaguar nera. L'auto accelerò infilandosi nelle stradine che circondavano il palazzo dell'esposizione, dirigendosi verso la strada costiera. "C'è Ginko!" esclamò Eva. "Doveva essere già in volo per Clerville, chissà cos'è successo". "Forse c'e' un segnalatore in qualche gioiello. Controllali tutti, io intanto cerco di guadagnare tempo: sono troppi per fermarli col trucco che abbiamo predisposto qui. Dovremo arrivare al porto per liberarcene."

  Diabolik guidò con manovre spericolate tra le strade del centro inseguito da un mezzo esercito fra poliziotti e guardie private. Appena imboccato lo stradone che portava al Porto, Diabolik passò affianco ad un restringimento di carreggiata fatto con transenne di cemento, dietro cui alcuni operai stavano riparando delle tubature. Al passaggio a velocità folle della Jaguar nera gli operai mollarono tutto e scapparono verso i palazzi vicini. Immediatamente dopo le transenne di cemento si aprirono e ne uscì un rotolo di acciaio che si srotolò attraversando la strada. I chiodi piantati sulla sua superficie forarono le gomme dei primi inseguitori. Alcune auto della polizia sbandarono paurosamente schiantandosi contro i pali della luce o fermandosi addosso alle auto incidentate.

  "E' fatta" sospirò di sollievo Eva. "E io non ho trovato nessun segnalatore. Però il diamante rosa non è il mio. La montatura è una riproduzione perfetta, ma il diamante non è quello. Era davvero solo una manovra pubblicitaria." "Non importa, abbiamo fatto comunque un magnifico colpo" "Si, i gioielli sono davvero splendidi. Che peccato averne dovuto rinunciare ad una parte." "Purtroppo le ultime 8 basi non sarebbero state pronte prima di un altro mese".

  La Jaguar era ormai in vista del ponte mobile sopra il canale del Porto industriale di Ghenf, quando da una stradina laterale sbucò all'improvviso una macchina della polizia seguita da due berline diplomatiche.

  "Eccoli, li abbiamo ripresi!" gridò Ginko soddisfatto.

  "Dannazione, è Ginko! Temevo che i nastri chiodati non sarebbero bastati. C'erano troppe auto per finirci tutte sopra, ma ce la faremo lo stesso" disse Diabolik, ed accelerò dirigendosi verso il ponte. "Il ponte sta ruotando" imprecò Eva. "Questa è opera di Ginko, il radiocomando, presto!" disse Diabolik. Eva aveva già in mano la scatola del radiocomando e premette il pulsante di destra, facendo ruotare di nuovo il ponte fino a riportarlo in linea con la strada che stavano percorrendo a tutta velocità.

  "Che diavolo sta succedendo?" strepitò Ginko "Avevo ordinato di aprire il ponte!!" e afferrò deciso il microfono della radio: "Qui è Ginko. Fate riaprire immediatamente il ponte. Cosa state aspettando?" Una voce nella radio gracchiò: "Il comando automatico non risponde più. Stiamo tentando con quello manuale, ma il ponte continua a chiudersi" "Maledetto Diabolik, sono certo che è lui che sta comandando il ponte. Ma ormai ci siamo sopra anche noi e non ci sfuggirà!".

  Ginko non aveva ancora finito di parlare, intanto la Jaguar di Diabolik aveva superato il ponte, che ricominciò immediatamente a girare a gran velocità. L'auto di Ginko e la berlina di Hobson che lo seguiva, tentarono vanamente di frenare e si trovarono catapultate in mare. La seconda berlina riuscì a frenare sull'orlo del ponte, unica superstite dell'inseguimento.

  "Adesso è davvero fatta" sorrise Diabolik, mentre Eva guardava ammirata uno splendido diadema di diamanti e rubini che teneva in mano.

  Circa un'ora dopo l'ispettore Ginko e Hobson, ancora avvolti in una coperta, entrarono per l'ultima volta nel palazzo dell'esposizione. "Gli uomini dell'impresa di trasporto si sono svegliati ispettore, ma non hanno capito nulla. Hanno notato però che, da quando sono venuti a montare le basi sei settimane fa, il loro caposquadra si è ammalato, ed è rientrato dalla malattia giusto ieri. Ed è l'unico che manca all'appello." Disse il sergente che li aveva accolti. "Sicuramente Diabolik si è sostituito a lui disse Hobson ma come ha fatto quel maledetto ad aprire le teche così in fretta. Le serrature erano fuse, nessun acido avrebbe potuto agire così velocemente su quella lega di acciaio speciale."

  Ginko, che si era chinato ad osservare una serratura, gli rispose: "Facile, l'acido era dentro alle serrature già quando sono state sigillate, e sicuramente proprio il calore della fiamma ossidrica ha fatto aprire le capsule che lo contenevano. Guardate." Disse indicando la serratura che stava osservando prima. Hobson e il sergente si protesero da dietro le spalle dell'ispettore. La serratura, ormai aperta, era palesemente corrosa dall'interno, mentre l'esterno era apparentemente intatto. "Vedete, l'acido ha agito dall'interno, e in un mese ha corroso le serrature al punto che a Diabolik è bastato un banale martello per aprirle." Sentenziò Ginko. "Sicuramente ha iniziato a preparare il colpo appena ha saputo della mostra. Sono certo che se andremo alla vetreria che ha fabbricato i piedistalli scopriremo come ha potuto sostituirli con i suoi. Una volta posizionati i gioielli ogni notte una base ruotava su se stessa, sostituendo una teca con un'altra identica. Per quello l'allarme continuava a suonare ogni notte." "Ma come può aver saputo con precisione quali gioielli sarebbero stati messi in ogni teca - sbuffò Hobson con aria saccente non è pensabile che abbia potuto indovinare la loro disposizione." "Chi ha scelto la disposizione dei gioielli?" chiese Ginko.

  "Io" rispose seccamente l'arrabbiatissimo Hobson. "E immagino che chi ha prodotto le teche avesse una falsariga della loro disposizione, visto che i cuscini sono sagomati in base al gioiello da posizionarvi."

  Hobson si limitò ad annuire, era distrutto.

  Un paio d'ore dopo un aereo militare con la bandiera sudafricana dipinta sulla carlinga decollava dall'aeroporto di Ghenf.


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