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"Non posso crederci" esclamò Eva.
Stava leggendo il giornale sulla terrazza di una
villetta sul mare. La vista era splendida, il sole era alto e splendente.
Diabolik alzò incuriosito gli occhi dalla rivista che stava sfogliando:
"Cos'hai trovato?" chiese, chiudendo la rivista e riponendola sul tavolino, di
fianco al bicchiere mezzo pieno di limonata. Eva gli porse il giornale. Diabolik lo lesse
e si rabbuiò: "Preparati, partiamo per Ghenf oggi stesso!" disse alzandosi di
scatto e dirigendosi verso il salone. La foto sulla pagina era inequivocabile, mostrava il
Diamante Rosa che un tempo era appartenuto ad Eva e che fu la causa del loro primo
incontro.
L'esposizione dei gioielli sequestrati anni prima alla malavita di Johannesburg era
l'evento dell'anno, ma stranamente non era Ginko ad occuparsene. La mostra era stata
organizzata da una società di estrazione diamantifera, allo scopo di incentivare la
vendita dei diamanti.
La prima tappa sarebbe stata a Ghenf, in un palazzo
di proprietà del consolato sudafricano.
A sorvegliare la mostra sarebbero stati gli stessi
servizi di sicurezza sudafricani. Hobson, il capo della sicurezza, era un criminologo
piuttosto noto. Forse è più corretto dire che era "tristemente famoso": grazie
al suo ingegno la polizia aveva conseguito molti successi nella lotta contro la
criminalità, non ultimo il sequestro dei gioielli, ma il suo passato era tutt'altro che
limpido, si mormorava di torture, ricatti, "lavori sporchi" per il precedente
governo razzista. Era anche l'unico bianco della delegazione sudafricana al seguito della
mostra.
Diabolik ed Eva arrivarono a Ghenf la sera stessa.
Il giorno dopo arrivò in città anche la delegazione sudafricana e prese alloggio
in un lussuoso albergo nei pressi del palazzo dove si sarebbe svolta la mostra. Con un
potente binocolo Diabolik osservava la scena da un palazzo adiacente e, mentre posizionava
la microcamera con microfono che gli avrebbe trasmesso tutto ciò che sarebbe accaduto
negli appartamenti riservati alla delegazione, rifletteva sulla storia del diamante.
Certo, avevano puntato proprio su quel pezzo per essere certi di avere una grande
affluenza di pubblico alla mostra. Ma altrettanto sicuramente avevano anche messo in conto
che lui avrebbe cercato d'impadronirsene e il fatto che a dirigere le operazioni ci fosse
un criminologo non gli piaceva affatto. Però la sfida era troppo interessante.
Quando Diabolik rientrò alla loro base, Eva lo accolse con un'aria preoccupata:
"Sono sempre più convinta che sia una trappola, caro. La mostra non doveva arrivare
a Ghenf prima di altri tre mesi, e finora non si sapeva che il diamante rosa fosse tra i
gioielli recuperati. E poi tu non conosci Hobson. Io ci ho avuto a che fare prima di
conoscerti, e ti assicuro che è un uomo pericoloso. Non esita a usare anche gli
stratagemmi più infami per ottenere ciò che vuole. Lasciamo perdere, ti prego".
"Non vedo perché dovrei rinunciare, dopotutto
eravamo già quasi pronti, dovremo solo anticipare l'operazione e rinunciare a qualche
pezzo. Non temere Eva, faremo solo un colpo meno ricco del previsto" le rispose
Diabolik. E sorrise.
Il giorno dopo iniziarono i lavori nel palazzo dell'esposizione. Nel giro di due
settimane tutti i nuovi sistemi di sicurezza erano operativi. Mancavano solo i gioielli.
L'aereo da Johannesburg arrivò in perfetto orario all'aeroporto di Ghenf, dove lo
attendevano otto ceffi con giubbetto antiproiettile e pistole in pugno. Il furgone
blindato con targa sudafricana scese dal portellone posteriore del cargo militare, gli
otto ceffi salirono su due auto blindate e lo scortarono. Ginko sulla pista osservava il
convoglio partire. "Pensate che Diabolik attaccherà il trasporto?" gli chiese
il sergente. "E' possibile. Come è possibile che tenti il colpo al palazzo della
mostra. Purtroppo è territorio sudafricano e non possiamo imporre la nostra presenza. Ma
continuate a tenerlo sotto controllo, sono sicuro che Diabolik cercherà di impadronirsi
dei gioielli." Detto questo l'Ispettore salì in macchina e lasciò l'aeroporto.
Il riflesso del sole sulle lenti di un binocolo scintillò sulla collina che domina
la costiera. Eva parlò nel radiorologio: "Ci siamo, stanno imboccando ora la strada
costiera. Arriveranno in perfetto orario". "Bene Eva, io ho già finito di
controllare tutto. I nostri congegni sono pronti".
Eva accese il motore e scese dalla collina lungo la sterrata, dirigendosi verso il
porto di Ghenf, mentre un giardiniere lasciava il palazzo dell'esposizione.
"Avete visto, Ispettore?" chiese il sergente. "Si, sicuramente erano
loro. Avvertite tutte le auto che Diabolik sta per entrare in azione!" "Il
ministro di Giustizia vi aveva ordinato di non occuparvi di questa mostra, ma quando
avrete finalmente catturato quel criminale non potrà che congratularsi" gongolò il
sergente.
Il convoglio con i gioielli percorse senza intoppi la costiera, passò vicino al
porto e arrivò al palazzo dell'esposizione. Tutto sembrava essere andato liscio. Quando i
cancelli si chiusero dietro l'auto di scorta, Ginko sospirò: "speravo che Diabolik
attaccasse il furgone, adesso sarà molto più difficile prenderlo". Poi fece cenno
al sergente di proseguire.
All'interno del palazzo tutto era pronto per l'esposizione. Ogni teca era di
cristallo infrangibile e, man mano che i gioielli venivano inseriti e le teche chiuse, un
uomo armato di una minuscola fiamma ossidrica passava a fondere le serrature. Per aprirle
nuovamente ci sarebbe voluto un mare di tempo, troppo per chiunque. O almeno così aveva
sentenziato Hobson. Le teche erano così pesanti che un essere umano non sarebbe riuscito
a trasportarle da solo. Inoltre i loro piedistalli erano di cristallo trasparente, per
essere certi che nessuno potesse nascondersi dentro (un tocco di genio di cui Hobson
andava particolarmente fiero). E, per finire, lastre d'acciaio erano pronte a chiudere
ermeticamente porte e finestre al minimo allarme.
La scelta di Ghenf come prima tappa non era casuale, infatti era stata proprio una
vetreria di quella città a produrre i piedistalli trasparenti, su disegno dello stesso
Hobson.
L'indomani mattina una folla immensa si presentò ai cancelli dell'esposizione per
vedere la mostra. Guardie armate fino ai denti e dall'aria tremendamente minacciosa
sorvegliavano le sale.
Aggirandosi per le sale dell'esposizione Ginko, entrato come un normale visitatore,
osservava di sottecchi ogni persona. Non gli piaceva che non ci fosse il controllo del
volto, ed era sempre più convinto che Diabolik avrebbe tentato il colpo.
La prima giornata filò liscia, nessun intoppo. Alla chiusura dell'esposizione le
sale vuote furono accuratamente ispezionate, senza che fosse trovato nulla d'insolito. Ma
alle tre della notte ecco suonare l'allarme. Le guardie private armate fino ai denti, con
corsetti antiproiettile e maschere antigas, passarono di stanza in stanza alzando di volta
in volta le lastre d'acciaio che le sigillavano. Alle cinque finirono il giro senza
trovare nulla.
"Non è possibile, quel sistema d'allarme è troppo sofisticato per partire
per errore, e nessuno può essere fuggito da quelle stanze, abbiamo usato i meccanismi
più veloci esistenti. Nessuno può essere fuggito!" Urlò Hobson, picchiando i pugni
sulla scrivania di mogano della sala di controllo. Indifferenti al suo sfogo, decine di
monitor restituivano immagini di una folla variopinta, che sciamava ammirata da una
vetrina all'altra. I piedistalli trasparenti formavano anche esteticamente un perfetto
contorno ai gioielli.
Un'altra giornata di esposizione passò tranquillamente, solo i supergorilla di
guardia denunciavano un'aria un po' stanca.
Anche quella notte l'allarme della mostra cominciò a suonare, sempre alla stessa
ora, e anche quella notte le guardie fecero il giro di tutte le stanze, senza trovare
nulla. L'incidente si ripeté anche le notti successive, sempre alla stessa ora, e di
giorno in giorno la mancanza di sonno diventava sempre più evidente sui volti delle
guardie. Hobson fece controllare più volte l'impianto d'allarme. Solo tre settimane dopo,
a seguito dell'ennesima revisione del sistema, l'allarme non suonò.
Finalmente arrivò l'ultimo giorno di esposizione, che trascorse liscio come tutti
gli altri, senza alcun intoppo.
Tutti ormai erano convinti che Diabolik avrebbe tentato il colpo durante il
trasporto dei gioielli all'aeroporto.
Davanti ad una tavola imbandita Hobson, parlando con il suo luogotenente, aveva
l'aria sconsolata: "Ero convinto che Lady Kant avrebbe rivoluto il suo diamante. non
avrebbero mai potuto sfuggirci, e la mia fama sarebbe salita alle stelle. Un vero
peccato." "D'altro canto le misure di sicurezza erano eccezionali, sicuramente
quel criminale ha capito che non avrebbe mai potuto farcela, ed ha rinunciato."
"Si, nessuno avrebbe potuto rubare quei gioielli, neppure il famigerato Diabolik.
Però che colpo sarebbe stato catturarlo e consegnarlo con la massima pubblicità alla
ghigliottina, invece se tentasse il colpo durante il trasporto dovremo lasciare che la
polizia locale si prenda parte del merito. Bah." E con un moto di stizza Hobson fece
cenno al suo interlocutore di mettersi a tavola.
Quella sera lo stesso uomo che aveva sigillato le teche iniziò ad aprire le
serrature con la fiamma ossidrica. Ci vollero ore per aprirle e, quando il lavoro fu
terminato, era già arrivata l'alba. Le cassette con i gioielli furono caricate sul
furgone blindato, che partì scortato da quattro macchine, direzione aeroporto.
Il convoglio incrociò sulla strada il camion dell'impresa incaricata di rimuovere
i supporti in cristallo delle teche, per portarle fino al porto di Ghenf. Lì un cargo le
avrebbe portate alla prossima destinazione della mostra.
Dopo essere entrati nel cortile del palazzo, i camionisti calarono la sponda
idraulica e il muletto iniziò a portare dentro le casse in cui dovevano essere riposte le
basi di cristallo.
Intanto l'aereo militare con a bordo il camion dei gioielli aveva appena decollato.
Hobson si slacciò la cintura di sicurezza ed entrò nel retro del camion. Aprì una delle
cassette e prese in mano il diamante rosa. Un istante dopo correva verso la cabina di
pilotaggio. "Atterrate immediatamente!!!" urlò furibondo.
La torre di controllo disse al cargo militare di attendere un pista libera, ma
Hobson ordinò al suo pilota di atterrare immediatamente. L'aereo iniziò la manovra di
atterraggio sulla pista da cui aveva decollato, ma si trovò di fronte un boing di linea
che stava rullando proprio nello stesso punto. Il pilota sudafricano fu costretto a fare
una brusca manovra per evitare lo scontro, Hobson cadde battendo la testa e svenne. La
torre diede finalmente l'ok per l'atterraggio, e pochi minuti dopo Hobson veniva
trasbordato su un'ambulanza, che partì subito di gran carriera per l'ospedale.
Il suono delle sirene svegliò Hobson, che saltò giù dalla barella e tentò di
scendere dal veicolo in corsa. Gli infermieri tentarono di bloccarlo, ma lui riuscì ad
aprire comunque il portellone. Quando i suoi uomini, che lo seguivano a distanza con
l'auto, lo videro, sorpassarono l'ambulanza bloccandola.
Al palazzo dell'esposizione, ormai deserto, gli uomini dell'impresa di trasporto
stavano dormendo profondamente, mentre Diabolik e Eva osservavano il risultato della loro
attesa: una ad una la sommità delle basi si sollevavano leggermente ruotando su un perno
centrale. E un martinetto interno sollevava la teca apparentemente ancora sigillata.
"L'idea di far fare delle basi identiche a quelle della mostra da una serie di
artigiani specializzati in trucchi per maghi ha funzionato. Peccato che abbiano anticipato
la mostra e solo venti fossero pronte." Ammise Eva, mentre Diabolik con un banale
martello faceva saltare le serrature delle teche, seguito dalla stessa Eva che raccoglieva
i gioielli in un sacchetto di velluto.
Hobson intanto smontava dall'ambulanza urlando come un ossesso: "I gioielli
sono falsi! Dobbiamo tornare al palazzo, subito!".
L'aereo che doveva riportare un seccatissimo Ispettore Ginko a Clerville era in
ritardo. Quando l'agente fece letteralmente irruzione dentro la carlinga, Ginko lo guardò
stupito. "Il cargo coi gioielli è tornato indietro" ansimò l'agente.
"Come tornato indietro?!?" "Sì Ispettore, sulle prime pareva un'emergenza,
hanno portato a terra il delegato svenuto. Ma appena l'hanno caricato sull'ambulanza si è
svegliato e adesso si sta dirigendo verso il centro infrangendo tutti i limiti di
velocità."
Ginko schizzò dalla poltroncina e corse verso il parcheggio interno
dell'aeroporto. L'agente rimase senza fiato nel tentativo di stargli dietro.
L'auto della polizia partì a sirene spiegate verso Ghenf, mentre Ginko impartiva
ordini via radio. Prima ancora che le auto diplomatiche arrivassero al palazzo
dell'esposizione, le macchine della polizia l'avevano già circondato.
Hobson arrivò al palazzo circondato dagli uomini di Ginko proprio mentre Eva
raccoglieva l'ultima collana dalle teche aperte.
Hobson entrò correndo all'interno del palazzo. Appena vide gli uomini della
squadra di sgombero addormentati vicino al muletto abbandonato, mise la testa fuori dalla
finestra urlando in direzione di Ginko: "Che aspettate ad entrare!?!". Ginko,
che non aspettava altro, fece per entrare seguito dai suoi uomini, quando un agente vicino
ad un angolo del palazzo urlò: "Diabolik sta fuggendo".
Diabolik ed Eva erano già sulla loro Jaguar nera. L'auto accelerò infilandosi
nelle stradine che circondavano il palazzo dell'esposizione, dirigendosi verso la strada
costiera. "C'è Ginko!" esclamò Eva. "Doveva essere già in volo per
Clerville, chissà cos'è successo". "Forse c'e' un segnalatore in qualche
gioiello. Controllali tutti, io intanto cerco di guadagnare tempo: sono troppi per
fermarli col trucco che abbiamo predisposto qui. Dovremo arrivare al porto per
liberarcene."
Diabolik guidò con manovre spericolate tra le strade del centro inseguito da un
mezzo esercito fra poliziotti e guardie private. Appena imboccato lo stradone che portava
al Porto, Diabolik passò affianco ad un restringimento di carreggiata fatto con transenne
di cemento, dietro cui alcuni operai stavano riparando delle tubature. Al passaggio a
velocità folle della Jaguar nera gli operai mollarono tutto e scapparono verso i palazzi
vicini. Immediatamente dopo le transenne di cemento si aprirono e ne uscì un rotolo di
acciaio che si srotolò attraversando la strada. I chiodi piantati sulla sua superficie
forarono le gomme dei primi inseguitori. Alcune auto della polizia sbandarono paurosamente
schiantandosi contro i pali della luce o fermandosi addosso alle auto incidentate.
"E' fatta" sospirò di sollievo Eva. "E io non ho trovato nessun
segnalatore. Però il diamante rosa non è il mio. La montatura è una riproduzione
perfetta, ma il diamante non è quello. Era davvero solo una manovra pubblicitaria."
"Non importa, abbiamo fatto comunque un magnifico colpo" "Si, i gioielli
sono davvero splendidi. Che peccato averne dovuto rinunciare ad una parte."
"Purtroppo le ultime 8 basi non sarebbero state pronte prima di un altro mese".
La Jaguar era ormai in vista del ponte mobile sopra il canale del Porto industriale
di Ghenf, quando da una stradina laterale sbucò all'improvviso una macchina della polizia
seguita da due berline diplomatiche.
"Eccoli, li abbiamo ripresi!" gridò Ginko soddisfatto.
"Dannazione, è Ginko! Temevo che i nastri chiodati non sarebbero bastati.
C'erano troppe auto per finirci tutte sopra, ma ce la faremo lo stesso" disse
Diabolik, ed accelerò dirigendosi verso il ponte. "Il ponte sta ruotando"
imprecò Eva. "Questa è opera di Ginko, il radiocomando, presto!" disse
Diabolik. Eva aveva già in mano la scatola del radiocomando e premette il pulsante di
destra, facendo ruotare di nuovo il ponte fino a riportarlo in linea con la strada che
stavano percorrendo a tutta velocità.
"Che diavolo sta succedendo?" strepitò Ginko "Avevo ordinato di
aprire il ponte!!" e afferrò deciso il microfono della radio: "Qui è Ginko.
Fate riaprire immediatamente il ponte. Cosa state aspettando?" Una voce nella radio
gracchiò: "Il comando automatico non risponde più. Stiamo tentando con quello
manuale, ma il ponte continua a chiudersi" "Maledetto Diabolik, sono certo che
è lui che sta comandando il ponte. Ma ormai ci siamo sopra anche noi e non ci
sfuggirà!".
Ginko non aveva ancora finito di parlare, intanto la Jaguar di Diabolik aveva
superato il ponte, che ricominciò immediatamente a girare a gran velocità. L'auto di
Ginko e la berlina di Hobson che lo seguiva, tentarono vanamente di frenare e si trovarono
catapultate in mare. La seconda berlina riuscì a frenare sull'orlo del ponte, unica
superstite dell'inseguimento.
"Adesso è davvero fatta" sorrise Diabolik, mentre Eva guardava ammirata
uno splendido diadema di diamanti e rubini che teneva in mano.
Circa un'ora dopo l'ispettore Ginko e Hobson, ancora avvolti in una coperta,
entrarono per l'ultima volta nel palazzo dell'esposizione. "Gli uomini dell'impresa
di trasporto si sono svegliati ispettore, ma non hanno capito nulla. Hanno notato però
che, da quando sono venuti a montare le basi sei settimane fa, il loro caposquadra si è
ammalato, ed è rientrato dalla malattia giusto ieri. Ed è l'unico che manca
all'appello." Disse il sergente che li aveva accolti. "Sicuramente Diabolik si
è sostituito a lui disse Hobson ma come ha fatto quel maledetto ad aprire le teche così
in fretta. Le serrature erano fuse, nessun acido avrebbe potuto agire così velocemente su
quella lega di acciaio speciale."
Ginko, che si era chinato ad osservare una serratura, gli rispose: "Facile,
l'acido era dentro alle serrature già quando sono state sigillate, e sicuramente proprio
il calore della fiamma ossidrica ha fatto aprire le capsule che lo contenevano.
Guardate." Disse indicando la serratura che stava osservando prima. Hobson e il
sergente si protesero da dietro le spalle dell'ispettore. La serratura, ormai aperta, era
palesemente corrosa dall'interno, mentre l'esterno era apparentemente intatto.
"Vedete, l'acido ha agito dall'interno, e in un mese ha corroso le serrature al punto
che a Diabolik è bastato un banale martello per aprirle." Sentenziò Ginko.
"Sicuramente ha iniziato a preparare il colpo appena ha saputo della mostra. Sono
certo che se andremo alla vetreria che ha fabbricato i piedistalli scopriremo come ha
potuto sostituirli con i suoi. Una volta posizionati i gioielli ogni notte una base
ruotava su se stessa, sostituendo una teca con un'altra identica. Per quello l'allarme
continuava a suonare ogni notte." "Ma come può aver saputo con precisione quali
gioielli sarebbero stati messi in ogni teca - sbuffò Hobson con aria saccente non è
pensabile che abbia potuto indovinare la loro disposizione." "Chi ha scelto la
disposizione dei gioielli?" chiese Ginko.
"Io" rispose seccamente l'arrabbiatissimo
Hobson. "E immagino che chi ha prodotto le teche avesse una falsariga della loro
disposizione, visto che i cuscini sono sagomati in base al gioiello da posizionarvi."
Hobson si limitò ad annuire, era distrutto.
Un paio d'ore dopo un aereo militare con la bandiera sudafricana dipinta sulla
carlinga decollava dall'aeroporto di Ghenf. |